Una misura fiscale apre spiragli di respiro per chi spende ogni mese centinaia di euro in carburante, ma non riguarda tutti. Ecco cosa cambia e quali documenti servono.
L’aumento del costo del carburante ha reso ogni spostamento un peso costante per famiglie e lavoratori. In molte aree d’Italia, dove il trasporto pubblico resta carente, l’auto privata è l’unica alternativa per raggiungere il posto di lavoro, portare i figli a scuola o svolgere commissioni quotidiane. La prospettiva di poter scaricare parte della spesa dalla tasse non è quindi un dettaglio, ma una novità che interessa una larga fetta di cittadini. Le regole, però, non sono uguali per tutti: si tratta di agevolazioni pensate soprattutto per i veicoli legati all’attività lavorativa. E il quadro si completa con i voucher carburante, uno strumento che molte aziende stanno adottando per alleggerire la pressione sui propri dipendenti.
Chi può richiedere il rimborso sul carburante
Il nodo centrale riguarda la platea dei beneficiari. Non tutti gli automobilisti, infatti, possono dedurre le spese per benzina o gasolio dalla dichiarazione. La norma è chiara: il rimborso interessa chi utilizza il veicolo come strumento di lavoro. Rientrano quindi tassisti, autoscuole, società di noleggio e aziende che impiegano mezzi per la propria attività. In questi casi la deduzione è totale, sia per i costi sia per l’IVA, con una percentuale che raggiunge il 100%. Situazione diversa per le auto assegnate a dipendenti: qui la quota scende al 70% per le spese generali, mentre l’IVA si ferma al 40%. Una soglia più bassa, ma comunque significativa se si considera l’andamento dei prezzi alla pompa. Particolare attenzione è riservata ai veicoli ibridi ed elettrici, che godono di regole più favorevoli rispetto alle auto a combustione tradizionale. Il legislatore ha voluto incentivare, anche attraverso il sistema fiscale, chi sceglie una mobilità meno inquinante
Resta escluso l’uso privato: per chi utilizza la macchina solo per spostamenti personali, non è prevista alcuna deduzione. Questo punto ha suscitato discussioni, perché molte famiglie sostengono costi ingenti senza poter contare su un sostegno diretto. Sul piano pratico, per accedere al rimborso è necessario conservare tutte le fatture elettroniche o ricevute fiscali legate ai rifornimenti. La documentazione deve riportare con precisione la targa del veicolo e il metodo di pagamento tracciabile, condizione indispensabile per evitare contestazioni.
Bonus benzina e voucher aziendali
Accanto alla deduzione fiscale resta in vigore anche il cosiddetto Bonus Benzina. Si tratta di un beneficio che le imprese possono decidere di riconoscere ai propri dipendenti, con importi fino a 200 euro in voucher. Questi buoni, cartacei o elettronici, consentono di acquistare carburante di ogni tipo o di ricaricare auto elettriche presso le colonnine autorizzate. Il vantaggio è duplice: i voucher non sono tassati per il lavoratore e sono deducibili per l’azienda. Per questo motivo sempre più datori di lavoro li inseriscono nei pacchetti di welfare aziendale. Ne possono beneficiare sia i dipendenti a tempo indeterminato che quelli a termine, inclusi stagisti, apprendisti e collaboratori con contratti a progetto. Anche chi lavora in smart working ha diritto ai buoni, se l’impresa li adotta.
La misura rappresenta un sollievo concreto in un periodo in cui i prezzi alla pompa non mostrano segni di calo stabile. Già in diverse regioni italiane il costo medio della benzina si aggira sopra 1,9 euro al litro, con punte che superano i 2 euro nei tratti autostradali. Molte aziende, soprattutto nel settore dei trasporti e della logistica, hanno segnalato come i voucher siano diventati uno strumento utile per mantenere il potere d’acquisto dei lavoratori senza dover ricorrere a lunghe trattative salariali. È un segnale che conferma quanto il tema carburante pesi non solo sulle famiglie, ma anche sull’equilibrio economico delle imprese. Il quadro delle agevolazioni, pur con limiti precisi, dimostra come il carburante non sia più solo una spesa inevitabile, ma anche un terreno di intervento fiscale e aziendale. Resta però evidente la differenza tra chi può scaricare i costi perché legati al lavoro e chi, invece, deve affrontarli senza alcun supporto.